Se i titolari di un’azienda decidono di distribuire parte degli utili, essi hanno la possibilità di farlo sotto forma di salario o di dividendi. In questo articolo verranno discusse le due varianti.
Argomenti favorevoli all’aumento dei dividendi
La riforma dell’imposizione delle imprese, sottoposta a votazione il 24 febbraio 2008, ha permesso alle partecipazioni qualificate (al minimo il 10% del capitale azionario) di tassare i dividendi solo parzialmente. Da allora, ai fini fiscali, è spesso più attraente pagare un dividendo invece del salario come forma di distribuzione. La parziale tassazione dei dividendi è regolata diversamente a dipendenza dei cantoni e richiede un certo tasso di partecipazione minima, che di solito è appunto pari al 10% del capitale azionario. I dividendi sono oltretutto esenti dal pagamento dell’AVS. Per questo motivo gli azionisti che si pagano un salario molto basso ed un alto dividendo, l’AVS può qualificarne una parte come salario.
Argomenti contro l’abbassamento dei salari
Chi scegliesse l’ultima opzione citata, deve prendere in considerazione i seguenti punti:
- Un abbassamento del salario aumenta i profitti aziendali (dati i minori costi) e quindi il carico fiscale di quest’ultima.
- Un altro argomento contro l’abbassamento del salario deriva dal fatto che lo stipendio annuo costituisce la base per le prestazioni di previdenza. Di conseguenza, un salario più basso propone prestazioni più basse ed una pensione ridotta.
Per il rapporto ottimale tra distribuzione con stipendio e dividendi è necessario esaminare ogni singolo caso concreto. In alternativa, i profitti si possono lasciare nell’imprese e godere di una plusvalenza esentasse nel caso di una futura cessione.
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